mercoledì 23 dicembre 2015

Fotografia d’Architettura - Architettura in linguaggio fotografico





Per capire meglio cosa si intenda per Fotografare l'Architettura dobbiamo riuscire a chiarire il cosa voglia dire "fotografare" e quindi, come si possa comunicare con un “linguaggio fotografico” e come esattamente si possa “capire l’architettura” in modo da poterla far comunicare attraverso il linguaggio fotografico.  

Per comunicare con la Fotografia di Architettura (o almeno per riuscirci bene e davvero) serve  soprattutto sensibilità e un'altra cosa che non deve passare assolutamente in secondo piano: una conoscenza architettonica e della storia dell'arte.



Dobbiamo renderci conto che l'architettura, esattamente come ogni altra forma d'arte (fotografia compresa) è un "codice", cioè un sistema di segni organizzato e strutturato per comunicare. In altre parole, l'architettura ha un suo "linguaggio" attraverso il quale l'architetto ci comunica la sua personale visione del mondo.


Fotografare l'architettura significa "tradurre" da un linguaggio ad un altro (da un codice ad un altro), per trasmettere allo spettatore non solo il messaggio originale (quello dell'architetto) ma anche il messaggio del fotografo, che rivisitando e interpretando l'opera ci racconta come lui l'ha saputa vedere.

Tradurre, non vuole dire semplicemente passare da un linguaggio all'altro.


Il linguaggio non è un insieme di parole organizzate (lessico), ma un codice che permette di verbalizzare le strutture del pensiero, le quali sono estremamente soggettive.

Tradurre quindi significa saper capire e interpretare una visione del mondo diversa dalla propria. L'architettura è creata dall'architetto, ma se la vediamo attraverso una fotografia è anche creata dal fotografo. Questo dualismo si mostra sin dall'inizio del rapporto tra fotografia e architettura.

Il fotografo dovrà essere particolarmente attento al percorso del sole e agli effetti che le diverse ore del giorno creano sopra il soggetto o intorno ad esso.


E’ molto probabile dover aspettare per ore che si verifichi la luce giusta, oppure tornare sul posto molte volte durante la giornata, per eseguire scatti diversi ognuno dei quali in grado di raccontare un particolare aspetto dell’architettura. In particolari casi, invece, risulta più efficace fotografare durante la notte, ad esempio per eliminare uno oggetto di disturbo.
Fotografare di notte permette di eliminare o comunque di ridurre la presenza umana, l’oscurità contribuisce inoltre a minimizzare eventuali elementi di disturbo.


Anche durante il giorno può rivelarsi necessario minimizzare l'importanza di altri oggetti di disturbo dalla foto, che potrebbero distogliere l'attenzione dal soggetto principale.
Un cielo ad esempio troppo ricco di nuvole, rischia di diventare un elemento di interesse e di alterare i rapporti tra soggetto e sfondo distogliendo l’attenzione dal soggetto scelto. 


Fotografare in bianco e nero un filtro azzurro in questa particolare situazione può aiutare.
Il risultato sarà un cielo lattiginoso e scialbo, che ci farebbe inorridire se fotografassimo il paesaggio ma che risulta ideale come sfondo muto.

Il passaggio di veicoli e pedoni è un altro fattore da non trascurare; molti fotografi a volte fanno ricorso a filtri di densità neutra, capaci di decrementare l'esposizione imponendo tempi di otturazione sufficientemente lunghi da rendere invisibile tutto ciò che si muove.  
In questo caso però, bisogna stare attenti al movimento del sole, che rischia di creare ombre dall'aspetto innaturale. 

L’esistenza della fotografia ed architettura si perde nell'origine stessa della rappresentazione fotografica:  in Italia i fratelli Alinari hanno creato una solida scuola nella catalogazione fotografica del patrimonio architettonico, in Europa si ricordano le esperienze del Bauhaus con le sperimentazioni dell'architetto El Lissitsky.

Nel corso degli anni, con l'evoluzione del lessico fotografico, la fotografia di architettura ha acquisito una propria autonomia rappresentativa, basti pensare alle immagini delle riviste di architettura o alle monografie tematiche.



Prima di iniziare la nostra sessione fotografica è importante ricordare i passaggi principali:

1) Analizzare la Carta 

La prima fase del processo di acquisizione dell'immagine comincia molto prima dello scatto vero e proprio: infatti è fondamentale documentarsi in modo ampio sull'edificio insieme all'area urbana che ci accingiamo a fotografare. Cartine topografiche della città, depliants pubbicitari, cartoline: tutto il lavoro eventualmente già svolto sull'architettura può essere utile per avere un'idea delle potenzialità espressive dell'area che ci accingiamo a fotografare

2) Dotarsi della giusta attrezzatura 

Tutti i produttori leader propongono corpi macchina adeguati alle riprese di architettura: scegliete con attenzione un modello affidabile nella lettura esposimetrica , con un otturatore solido. Queste caratteristiche sono presenti nella fascia alta della gamma, dove, insieme al prezzo, lievita anche il peso da portare.
Un solido cavalletto deve seguirci ovunque, anche di giorno. Non dimenticate mai lo scatto a distanza: lavorando a priorità di Diaframmi anche a mezzogiorno può capitare di gestire un tempo di 1/30 di secondo, sconsigliato a mano libera.

3) Studiare il campo di lavoro

Dopo la fase di studio, giunge il momento di concretizzare il lavoro. 
Il primo fattore da controllare sono le ombre, proprie e portate, che influenzano la lettura dell'architettura. E' noto che ombre lunghe enfatizzano il valore plastico degli edifici: attenzione dunque nelle riprese di primo mattino e dopo le 18.00. In genere l'utilizzo del flash è piuttosto limitato nelle riprese di architettura.

Nel muoverci fotografando si deve prestare la massima attenzione alle restrinzioni connesse alle riprese fotografiche: in molti luoghi religiosi non è ammesso l'utilizzo del flash, alcuni edifici privati (banche, fondazioni, sedi di associazioni) proibiscono fotografie nei locali interni. Logicamente anche la qualità tecnica ha il suo peso: un obiettivo da pochi euro avrà una bassa risoluzione e/o una evidente distorsione. 

Non confondiamo inoltre la distorsione con le linee cadenti : la prima è l'incapacità di un obiettivo di riprodurre una linea retta come tale (ed è un difetto dell'obiettivo non dipendente da noi né eliminabile in alcun modo), le seconde sono le caratteristiche linee in fuga prospettica che avvengono quando, per esempio fotografando un grattacielo, si inclina la fotocamera verso l'alto. Le linee cadenti dipendono da noi e possiamo evitarle avendo cura di mantenere la fotocamera parallela al piano del soggetto da fotografare.


La prospettiva e la scelta del punto di vista

La prospettiva è la variazione della scala alla quale soggetti posti a distanze diverse dall'osservatore vengono rappresentati in un'immagine.
In fotografia la variazione prospettica dipende dalla posizione dell'osservatore rispetto ai soggetti rappresentati, dalla lunghezza focale dell'obiettivo scelto che, associata al formato di ripresa, genera un angolo di visione, e dalla posizione nello spazio del materiale sensibile impiegato.


Nella fotografia di architettura, a differenza di quanto succede in altri ambiti, si può e si dovrebbe non avere mai fretta: si ha il tempo di leggere il soggetto, di girargli intorno, di capirne la struttura, il disegno, il rapporto tra le parti, il "peso" delle zone illuminate rispetto a quelle in ombra, di analizzarne la forma complessiva e come questa sia composta di dettagli, ognuno dei quali un microcosmo progettuale. 






Nella normale pratica professionale è comodo attenersi a un filo narrativo elementare:
1- il generale,
2- l'edificio immerso nel contesto,
3- il particolare,
4- i dettagli costruttivi,
5- i materiali che lo compongono.


Nella fotografia di architettura libera (artistica, creativa o passionale che sia ) ognuno può fare come crede ed io non ho alcun titolo per dire cosa sia giusto o sbagliato.
Ineludibile, tuttavia, resta il ragionamento sulla scelta del punto di vista, perché da questo dipendono, in un ordine che tiene conto delle tre coordinate spaziali di relazione tra il fotografo e il soggetto  (distanza, allineamento e altezza) il campo prospettico in cui accogliere lo spettatore, la coerenza dell'immagine con il progetto, la forza del soggetto rispetto allo spettatore o viceversa.



Sarebbe consigliabile senza la macchina, ma solo con gli occhi, guardare il soggetto che intendete fotografare avvicinandovi e allontanandovene, spostandovi di fronte a esso verso destra e verso sinistra, abbassandovi sino anche a sdraiarvi completamente per terra o cercando gradini, lampioni, muretti per alzarvi oltre il livello abituale dello sguardo.


Ognuno di questi movimenti cambia la rappresentazione dell'oggetto, cioè cambia lo spazio nel quale immergerete chi, dopo di voi, guarderà le vostre fotografie. 



Avvicinarsi vuol dire dare forza e potenza al primo piano e imporre allo spettatore uno spazio precipitoso, dinamico nel quale esercitare il proprio sguardo; allontanarsi vuol dire, al contrario, offrire una narrazione via via sempre più neutra, asettica, meno coinvolgente, tendenzialmente oggettivante. Spostarsi verso destra o sinistra, oppure rimanere legati a un ipotetico asse centrale eventualmente riconoscibile nel disegno del soggetto, vuol dire creare dissonanze o consonanze visive rispetto al pensiero del progettista.


Attenzione alla simmetria! Se la si cerca, lo si deve fare per bene!!! Bisogna trovare, a destra e a sinistra dell'asse centrale del soggetto, degli elementi che si proiettino su un secondo piano e spostarsi fin quando non lo fanno esattamente nello stesso modo. 
Un filo di errore è comprensibile, soprattutto se lo si vede al computer, dopo, ingrandendo il file al 100%, ma solo quello.



Abbassarsi, soprattutto se si ha a disposizione un bel decentramento verticale, regala imponenza e forza al soggetto, che poi sovrasterà lo spettatore, ma se desiderate una rappresentazione dove i rapporti siano più equi, cercate di andare più in alto.

La composizione


Il terreno è minato, non esistono regole, ognuno decida a modo suo.
Molto soggettivamente, si può dire che fotografare l'architettura è proprio questo: l'edificio sta lì, spesso per decenni; lo incontro, lo guardo a lungo, lo studio e lui neanche si accorge di me; gli giro intorno, lo racconto, costruisco prospettive e lui resta lì, fermo per decenni.


L'architettura ha pazienza, ma ama la puntualità: il fotografo deve conoscere il movimento della luce su di essa e presentarsi quando il chiaro e lo scuro si compongono con armonia.
L'architettura è grande e piccola insieme: impossibile non fare una veduta d'insieme, impensabile non indagare i dettagli. L'architettura ha molte forme, ma ogni architettura ha la sua: il controllo della prospettiva non è opzionale, lo è la deroga ad esso.


L'architettura è il risultato di un percorso progettuale influenzato dal periodo storico, dallo scopo per cui è costruita, dalla committenza, dalla cultura del progettista.
Il fotografo a sua volta risente di condizionamenti simili a quelli appena citati.


Se lo scopo delle immagini è prevalentemente descrittivo è probabilmente più adatto un approccio compositivo che rifletta fedelmente quello dell'architetto: simmetria per simmetria, grandiosità per grandiosità, sintesi per sintesi.


Bibliografia e Sitografia

http://www.clubfotografia.com/photographing-buildings

http://www.photoarchitetti.it/blog/

https://www.nikonschool.it/experience

http://www.fondazionefotografia.org/artista/gabriele-basilico/


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martedì 15 dicembre 2015

Architettura del Futuro – Edifici Galleggianti


La Terra è l'unico pianeta del sistema solare in cui è nota la presenza di acqua alla stato liquido in grande quantità, tanto da meritarsi l'appellativo di "pianeta blu". 
Le masse d'acqua coprono circa i tre quarti della superficie totale, per un volume totale di circa 1 332 miliardi di chilometri cubi, mentre la restante parte è composta da terre emerse, sia al di sopra che al di sotto del livello medio marino; più precisamente:

superficie totale: 510 065 285 km²

superfici acquee: 361 126 222 km²  (70,8%)

terre emerse: 148 939 063 km²   (29,2%)




Fino ad oggi l'uomo ha tentato di contenere l'avanzamento delle acque con barriere, dighe e affini, tentando di strappare quanta più terra ferma possibile dal mare. 

Con il 50% del paese situato sotto il livello del mare, una densità di popolazione tra le più elevate al mondo e una crisi degli alloggi, le case galleggianti per alcune realtà come i Paesi Bassi, ad esempio, sono una scelta obbligata. 

Per secoli l'Olanda ha incessantemente cercato di guadagnare a fatica territorio sul mare, costruendo su terre prosciugate ( i cosiddetti Polder ), protette da un'impegnativa rete di dighe, pompe, canali e mulini a vento.

Clima


James Hansen, ex direttore dell’Istituto di studi spaziali Goddard della Nasa, ha affermato che se la temperatura aumenterà di due gradi all'anno il livello medio dell’acqua crescerà di circa tre metri. Sostiene inoltre che le calotte polari e la Groenlandia si stanno sciogliendo a un ritmo più veloce del previsto, causando una ripercussione immediata sul livello del mare e di conseguenza sulle coste.



Visti quindi gli ultimi cambiamenti climatici che preannunciano un importante innalzamento del livello del mare e un aumento di superficie terrestre prossima alla desertificazione,  l’evoluzione  e il futuro delle città probabilmente dovrebbero dover essere affrontati in maniera diversa.

Ossia provando a convivere con l’acqua, senza più contrastarla.

L'idea di vivere sull'acqua non è nuova né recente, risale persino ai nostri antenati della preistoria, che si mettevano così al riparo dai predatori sulle loro zattere.

Progetti e Strategie


Non siete d’accordo sul fatto che probabilmente è venuto forse il momento di cambiare strategia, e di coabitare con l'acqua piuttosto che fronteggiarla?
«È molto più facile costruire una casa galleggiante che una casa tradizionale bisognosa di scavi per le fondamenta», sostiene Koen Olthuis, il giovane architetto olandese fondatore di Waterstudio, inserito nel 2007 da Time Magazine nell'elenco degli uomini più influenti del mondo per il suo lavoro sull'acqua come nuovo spazio abitabile.

Per la maggior parte le case galleggianti sono, infatti, edificate su una zattera.

Olthuis è inoltre l'ideatore di «TheCitadel», il primo complesso residenziale d'appartamenti galleggiante in Europa.




Nel ventunesimo secolo, più della metà della popolazione mondiale vive lungo le coste. L'architettura di domani sarà acquatica? Isole artificiali? Case e città galleggianti futuriste come quelle dell'architetto belga Vincent Callebaut?



Gli architetti fanno a gara per sviluppare i loro concept, nelle forme più inaspettate e originali. Fioriscono progetti minimalisti o faraonici, sopra e sotto l'acqua.

Le Megastrutture Galleggianti 

Le mega strutture galleggianti sono delle grandi strutture, appunto, galleggianti sul mare; queste possono essere ampiamente classificate in due tipi “semisommergibili” o "a pontoni”. 
Quelle semisommergibili presentano una piattaforma rialzata rispetto al livello del mare e sono adatte per essere costruite in alto mare anche in presenza di onde alte. 
Di contro, le mega strutture galleggianti a pontoni presentano una piattaforma che galleggia sulla superficie del mare e sono destinate ad essere realizzate lì dove il mare è “calmo” come in una baia, una laguna o un porto.

Nel 1970  Ingegneri giapponesi costruirono l’aeroporto “Kansai International” a Osaka, esattamente su un’isola artificiale.
Questo fu l’input iniziale per gli ingegneri giapponesi e gli architetti navali per realizzare nel 1995 la “Mega Float” nella baia di Tokyo, progetto pilota per lo studio e la realizzazione di altri aeroporti galleggianti.

Le Megastrutture galleggianti non danneggiano l’ecosistema marino, non interrompono le correnti oceaniche, sono facili e veloci da realizzare, possono essere facilmente rimosse o ampliate, e queste, ovviamente, non sono inoltre influenzate dalle scosse sismiche in quanto la loro base è intrinsecamente isolata.

La tecnologia delle megastrutture galleggianti crea inoltre la possibilità di creare mega isole sugli Oceani; il Lilypad Floating Ecopolis, progettato dall’architetto Vincent Callebaut, è un esempio di proposta visionaria che permetterebbe di ospitare parte della popolazione di alcune città del Belgio in un’enorme isola galleggiante a forma di giglio. 


Molte pubblicazioni sono state fatte dallo studioso Pernice sui concetti di città galleggianti; in Olanda, ad esempio, con oltre la metà della superficie terrestre sotto il livello del mare, gli ingegneri olandesi hanno proposto anche come soluzione la realizzazione di una città galleggiante comprendente centri commerciali e zone residenziali.


Le Visioni Futuristiche


Grand Cancun 


Il progetto dell’architetto Richard Moreta Castello, esperto di bioarchitettura, sarà ultimato nel 2020 per il 50° anniversario della nascita di Cancun, in Messico. 

Grazie a un concentrato di tecnologie all’ avanguardia, Grand Cancun Eco Island potrebbe essere il primo resort di turismo ecologico di lusso, al mondo, che non sfrutta i combustibili fossili e risponde al riscaldamento globale. 

La grande piattaforma marina offshore, oltre ad essere autosufficiente, fornirà infatti energia per 87 mila case, sfruttando l’energia solare, eolica e l’energia del moto ondoso. 

La struttura centrale simile a un serpente, rende omaggio alla leggenda magica del Serpente d’Oro, della tradizione Maya. Le parti immerse (foto) potranno ospitare camere e appartamenti con vista fondali, e anche uno spettacolare ristorante sott'acqua. 

Saranno presenti alberghi, centri congressi, centri commerciali, cinema, uffici, e un centro di ricerca per la biologia marina.  Oltre ad essere completamente ricoperto di pannelli solari, Grand Cancun vanta due turbine eoliche verticali. 

L’impianto per la depurazione dell'acqua marina spingerà invece il liquido verso dei collettori, in grado di separare i corpi solidi galleggianti come la plastica e gli idrocarburi. 
Le acque piovane e reflue saranno riutilizzate per l’irrigazione dei giardini, mentre l’acqua potabile, sarà ottenuta grazie a un impianto di dissalazione a osmosi inversa. 




Risultato? L’isola sarà a zero emissione CO².

The Ark


L'architetto russo Alexander Remizov di Remistudio, ha immaginato l’Arca come un modello d’abitazione del futuro, in grado di ospitare fino a 10 mila persone. 
Non è una nuova Arca di Noè, ma è stata progettata come un edificio bioclimatico indipendente e autosostenibile, che può essere galleggiante, in vista del previsto innalzamento del livello degli oceani e altre mega inondazioni, oppure impiantato in diverse zone climatiche e nelle regioni sismicamente pericolose. Insomma, un edificio a prova di disastri ambientali annunciati dal previsto cambiamento climatico. 


D’altronde è stato progettato in collaborazione con il programma “Architecture for DisasterRelief”. Progettato anche come hotel, la struttura che si presenta a forma di conchiglia, in grado di resistere a maremoti, ha un sistema portante d’archi di legno lamellare e funi d’acciaio che mantiene una distribuzione uniforme del carico lungo l’intera struttura. Il telaio prefabbricato permette una rapida e facile costruzione.



L’edificio è rivestito da una pellicola di etile tetrafluoroetilene altamente trasparente, autopulente, riciclabile, più durevole, più economico e più leggero del vetro. Il giardino interno offre una fuga lussureggiante per gli ospiti,  simile ad una serra. 


L’Arca è una Biosfera energeticamente autosufficiente. L'edificio è concepito come un sistema energetico integrato. Oltre alle celle solari fotovoltaiche, il progetto prevede un generatore eolico e un sistema di raccolta delle acque piovane. 
La forma a cupola favorisce l'accumulo d’aria calda nella parte superiore dell’edificio, che viene poi raccolta negli accumulatori termici.


Ocean Spiral 


Colonizzare lo spazio? Le città del futuro saranno negli abissi, afferma la società d’ingegneria giapponese Shimizu Corporation, che ha presentato il suo futuristico progetto Ocean Spiral: Sfere galleggianti che ospitano intere città, e s’immergono in caso di forte maltempo. Sarà la nuova Atlantide del terzo millennio? 

Una popolazione mondiale crescente con la diminuzione delle risorse, e il riscaldamento globale con l’innalzamento degli oceani, richiedono soluzioni sempre più innovative. 
Perché non sfruttare gli oceani, che coprono il 70% della superficie terrestre? "Questo è un vero obiettivo, non un sogno Irrealizzabile", ha detto il portavoce Shimizu Hideo Imamura. 
Il concept è radicato nell’enorme potenziale del mare profondo. 


L'azienda delinea cinque ragioni principali per lo sviluppo del progetto: 

1 - l'approvvigionamento di pesce; 
2 - la produzione d’acqua desalinizzata; 
3 - la produzione di energia; 
4 - Il trattamento dell’anidride carbonica;
5 - l'estrazione di nuove risorse dal mare e dai fondali marini.



Ocean spirale assume la forma di un’enorme sfera di 500 metri di diametro, noto come Blue Garden, in grado di ospitare 5000 persone. 
Galleggiante, per la maggior parte appena sotto la superficie, ma con la sommità all'esterno, consentirà alle imbarcazioni di attraccare, permettendo cosi alle 5.000 persone previste tra residenti e visitatori, di entrare e uscire a loro piacimento. 


Lo spettacolare atrio conterrà 75 piani, con gli spazi destinati a ospitare alberghi, spazi residenziali, commerciali, e un parco marino. 
Pensato per vivere al riparo dall'inquinamento e da catastrofi naturali, come tempeste e terremoti, è in grado all'occorrenza di immergersi fino a 3.000 metri lungo una gigantesca struttura a spirale di 15 km, fino al livello dell'Earth Factory, dove si trova un centro di ricerca in grado di sfruttare le risorse naturali dei fondali. 

La proposta di Shimizu, sviluppata in collaborazione con l'Agenzia giapponese per la Marine-Earth Science and Technology, e l'Università di Tokyo, si presenta come un concentrato di tecnologia. 
I primi test computerizzati della futura prima città sommersa, hanno dato esito positivo. 


I microrganismi chiamati "Methanogens", potrebbero essere utilizzati per convertire l'anidride carbonica, catturata in superficie, in metano, mentre l'ampia differenza di temperatura e pressione dell'acqua, nota come energia talassotermica, nel frattempo, potrà essere utilizzata per generare energia, in aggiunta allo sfruttamento del moto ondoso. 

La forma della sfera è stata scelta per fornire la resistenza adeguata alla grande pressione esterna dell'acqua. I progettisti pensano di usare una speciale resina al posto del cemento, e di sfruttare le stampanti 3D su scala industriale, per creare i vari componenti della struttura elicoidale, e non solo.



Riguardo alle visioni futuristiche, termino con una celebre frase dedicata ai più scettici sull'argomento:

"Non penso mai al futuro, arriva così presto!" Albert Einstein


L'architettura galleggiante quindi potrebbe essere una buona chance per riconciliare l'uomo con la natura, per riuscire a sopravvivere alle importanti variazioni climatiche; oppure, secondo il parere di molti ( come si potrebbe dar loro torto )  potrebbe anche essere una nuova occasione per l’uomo di riuscire a distruggere un altro ecosistema.



Bibliografia e Sitografia 

- Very Large Floating Structures: Applications, Research and Development - C.M. Wang, Z.Y. Tay


http://www.futurix.it

http://www.ingegneriasolazzo.it