Per capire meglio cosa si intenda per Fotografare l'Architettura dobbiamo
riuscire a chiarire il cosa voglia dire "fotografare" e quindi, come si possa
comunicare con un “linguaggio fotografico”
e come esattamente si possa “capire l’architettura”
in modo da poterla far comunicare attraverso il linguaggio fotografico.
Per comunicare con la Fotografia di Architettura (o
almeno per riuscirci bene e davvero) serve soprattutto sensibilità e un'altra cosa che non deve passare assolutamente in
secondo piano: una conoscenza architettonica e della storia dell'arte.
Dobbiamo renderci conto che l'architettura, esattamente
come ogni altra forma d'arte (fotografia compresa) è un "codice", cioè
un sistema di segni organizzato e strutturato per comunicare. In altre parole, l'architettura ha un suo "linguaggio" attraverso il
quale l'architetto ci comunica la sua personale visione del mondo.
Fotografare l'architettura significa "tradurre" da un linguaggio ad
un altro (da un codice ad un altro), per trasmettere allo spettatore non solo
il messaggio originale (quello dell'architetto) ma anche il messaggio del
fotografo, che rivisitando e interpretando l'opera ci racconta come lui l'ha
saputa vedere.
Tradurre, non vuole dire semplicemente passare da un linguaggio all'altro.
Tradurre, non vuole dire semplicemente passare da un linguaggio all'altro.
Il linguaggio non
è un insieme di parole organizzate (lessico), ma un codice che permette di
verbalizzare le strutture del pensiero, le quali sono estremamente soggettive.
Tradurre quindi significa saper capire e interpretare una visione del mondo
diversa dalla propria. L'architettura è creata dall'architetto, ma se la vediamo
attraverso una fotografia è anche creata dal fotografo. Questo dualismo si
mostra sin dall'inizio del rapporto tra fotografia e architettura.
Il fotografo dovrà essere particolarmente attento al percorso del sole e agli effetti che le diverse ore del giorno creano sopra il soggetto o intorno ad esso.
E’ molto probabile dover aspettare per ore che si
verifichi la luce giusta,
oppure tornare sul posto molte volte durante la giornata, per eseguire scatti
diversi ognuno dei quali in grado di raccontare un particolare aspetto dell’architettura. In particolari casi, invece, risulta più efficace fotografare durante la notte,
ad esempio per eliminare uno oggetto di disturbo.
Fotografare di notte permette di eliminare o comunque di ridurre la presenza umana, l’oscurità contribuisce inoltre a minimizzare eventuali elementi di disturbo.
Fotografare di notte permette di eliminare o comunque di ridurre la presenza umana, l’oscurità contribuisce inoltre a minimizzare eventuali elementi di disturbo.
Anche durante il giorno può rivelarsi necessario
minimizzare l'importanza di altri oggetti di disturbo dalla foto, che potrebbero
distogliere l'attenzione dal soggetto principale.
Un cielo ad esempio troppo ricco di nuvole, rischia di
diventare un elemento di interesse e di alterare i rapporti tra soggetto e sfondo
distogliendo l’attenzione dal soggetto scelto.
Fotografare in bianco e nero un
filtro azzurro in questa particolare situazione può aiutare.
Il risultato sarà un cielo lattiginoso e scialbo, che ci
farebbe inorridire se fotografassimo il paesaggio ma che risulta ideale come
sfondo muto.
Il passaggio di
veicoli e pedoni è un altro fattore da non trascurare; molti fotografi a volte
fanno ricorso a filtri di densità neutra, capaci di decrementare l'esposizione
imponendo tempi di otturazione sufficientemente lunghi da rendere invisibile
tutto ciò che si muove.
In questo caso
però, bisogna stare attenti al movimento del sole, che rischia di creare ombre
dall'aspetto innaturale.
L’esistenza della fotografia ed architettura si perde
nell'origine stessa della rappresentazione fotografica: in Italia i fratelli Alinari hanno creato una
solida scuola nella catalogazione fotografica del patrimonio architettonico, in
Europa si ricordano le esperienze del Bauhaus con le sperimentazioni
dell'architetto El Lissitsky.
Nel corso degli anni, con l'evoluzione del lessico
fotografico, la fotografia di architettura ha acquisito una propria autonomia
rappresentativa, basti pensare alle immagini delle riviste di architettura o
alle monografie tematiche.
Prima di iniziare la nostra sessione fotografica è importante ricordare i passaggi principali:
1) Analizzare la Carta
La prima fase del processo di acquisizione dell'immagine comincia molto prima dello scatto vero e proprio: infatti è fondamentale documentarsi in modo ampio sull'edificio insieme all'area urbana che ci accingiamo a fotografare. Cartine topografiche della città, depliants pubbicitari, cartoline: tutto il lavoro eventualmente già svolto sull'architettura può essere utile per avere un'idea delle potenzialità espressive dell'area che ci accingiamo a fotografare
2) Dotarsi della giusta attrezzatura
Tutti i produttori leader propongono corpi macchina adeguati alle riprese di architettura: scegliete con attenzione un modello affidabile nella lettura esposimetrica , con un otturatore solido. Queste caratteristiche sono presenti nella fascia alta della gamma, dove, insieme al prezzo, lievita anche il peso da portare.
Un solido cavalletto deve seguirci ovunque, anche di
giorno. Non dimenticate mai lo scatto a distanza: lavorando a priorità
di Diaframmi anche a mezzogiorno può capitare di gestire un tempo di
1/30 di secondo, sconsigliato a mano libera.
3) Studiare il campo di lavoro
Dopo la fase di studio, giunge il momento di concretizzare il lavoro.
Il primo
fattore da controllare sono le ombre, proprie e portate, che influenzano la
lettura dell'architettura. E' noto che ombre lunghe enfatizzano il valore plastico
degli edifici: attenzione dunque nelle riprese di primo mattino e dopo le
18.00. In genere l'utilizzo del flash è piuttosto limitato nelle riprese di
architettura.
Nel muoverci fotografando si deve prestare la massima attenzione alle
restrinzioni connesse alle riprese fotografiche: in molti luoghi religiosi non
è ammesso l'utilizzo del flash, alcuni edifici privati (banche, fondazioni,
sedi di associazioni) proibiscono fotografie nei locali interni. Logicamente anche la qualità tecnica ha il suo peso: un
obiettivo da pochi euro avrà una bassa risoluzione e/o una evidente distorsione.
Non confondiamo inoltre la distorsione con
le linee cadenti : la prima è l'incapacità di un obiettivo di
riprodurre una linea retta come tale (ed è un difetto dell'obiettivo non
dipendente da noi né eliminabile in alcun modo), le seconde sono le
caratteristiche linee in fuga prospettica che avvengono quando, per esempio
fotografando un grattacielo, si inclina la fotocamera verso l'alto. Le linee
cadenti dipendono da noi e possiamo evitarle avendo cura di mantenere la
fotocamera parallela al piano del soggetto da fotografare.
La
prospettiva e la scelta del punto di vista
La prospettiva è la variazione della scala alla quale
soggetti posti a distanze diverse dall'osservatore vengono rappresentati in
un'immagine.
In fotografia la variazione prospettica dipende dalla
posizione dell'osservatore rispetto ai soggetti rappresentati, dalla lunghezza
focale dell'obiettivo scelto che, associata al formato di ripresa, genera un
angolo di visione, e dalla posizione nello spazio del materiale sensibile
impiegato.
Nella fotografia di architettura, a differenza di quanto
succede in altri ambiti, si può e si dovrebbe non avere mai fretta: si ha il
tempo di leggere il soggetto, di girargli intorno, di capirne la struttura, il
disegno, il rapporto tra le parti, il "peso" delle zone illuminate
rispetto a quelle in ombra, di analizzarne la forma complessiva e come questa
sia composta di dettagli, ognuno dei quali un microcosmo progettuale.
Nella normale pratica professionale è comodo attenersi a
un filo narrativo elementare:
1- il generale,
2- l'edificio immerso nel contesto,
3- il particolare,
4- i dettagli costruttivi,
5- i materiali che lo compongono.
Nella fotografia di architettura libera (artistica,
creativa o passionale che sia ) ognuno può fare come crede ed io non ho alcun
titolo per dire cosa sia giusto o sbagliato.
Ineludibile, tuttavia, resta il ragionamento sulla scelta
del punto di vista, perché da questo dipendono, in un ordine che tiene conto
delle tre coordinate spaziali di relazione tra il fotografo e il soggetto (distanza, allineamento e altezza) il campo
prospettico in cui accogliere lo spettatore, la coerenza dell'immagine con il
progetto, la forza del soggetto rispetto allo spettatore o viceversa.
Sarebbe consigliabile senza la macchina, ma solo con gli
occhi, guardare il soggetto che intendete fotografare avvicinandovi e allontanandovene,
spostandovi di fronte a esso verso destra e verso sinistra, abbassandovi sino
anche a sdraiarvi completamente per terra o cercando gradini, lampioni, muretti
per alzarvi oltre il livello abituale dello sguardo.
Ognuno di questi movimenti cambia la rappresentazione
dell'oggetto, cioè cambia lo spazio nel quale immergerete chi, dopo di voi,
guarderà le vostre fotografie.
Avvicinarsi vuol dire dare forza e potenza al
primo piano e imporre allo spettatore uno spazio precipitoso, dinamico nel
quale esercitare il proprio sguardo; allontanarsi vuol dire, al contrario,
offrire una narrazione via via sempre più neutra, asettica, meno coinvolgente,
tendenzialmente oggettivante. Spostarsi verso destra o sinistra, oppure rimanere legati
a un ipotetico asse centrale eventualmente riconoscibile nel disegno del
soggetto, vuol dire creare dissonanze o consonanze visive rispetto al pensiero
del progettista.
Attenzione alla simmetria! Se la si cerca, lo si deve fare per bene!!! Bisogna trovare, a destra e a sinistra dell'asse centrale del soggetto, degli elementi che si proiettino su un secondo piano e spostarsi fin quando non lo fanno esattamente nello stesso modo.
Un filo di errore è comprensibile, soprattutto
se lo si vede al computer, dopo, ingrandendo il file al 100%, ma solo quello.
Abbassarsi, soprattutto se si ha a disposizione un bel
decentramento verticale, regala imponenza e forza al soggetto, che poi
sovrasterà lo spettatore, ma se desiderate una rappresentazione dove i rapporti
siano più equi, cercate di andare più in alto.
Il terreno è minato, non esistono regole, ognuno decida a
modo suo.
Molto soggettivamente, si può dire che fotografare l'architettura è proprio questo: l'edificio sta lì, spesso per decenni; lo incontro, lo guardo a lungo, lo studio e lui neanche si accorge di me; gli giro intorno, lo racconto, costruisco prospettive e lui resta lì, fermo per decenni.
Molto soggettivamente, si può dire che fotografare l'architettura è proprio questo: l'edificio sta lì, spesso per decenni; lo incontro, lo guardo a lungo, lo studio e lui neanche si accorge di me; gli giro intorno, lo racconto, costruisco prospettive e lui resta lì, fermo per decenni.
L'architettura ha pazienza, ma ama la puntualità: il
fotografo deve conoscere il movimento della luce su di essa e presentarsi
quando il chiaro e lo scuro si compongono con armonia.
L'architettura è grande e piccola insieme: impossibile non fare una veduta d'insieme, impensabile non indagare i dettagli. L'architettura ha molte forme, ma ogni architettura ha la sua: il controllo della prospettiva non è opzionale, lo è la deroga ad esso.
L'architettura è grande e piccola insieme: impossibile non fare una veduta d'insieme, impensabile non indagare i dettagli. L'architettura ha molte forme, ma ogni architettura ha la sua: il controllo della prospettiva non è opzionale, lo è la deroga ad esso.
L'architettura è il risultato di un percorso progettuale
influenzato dal periodo storico, dallo scopo per cui è costruita, dalla
committenza, dalla cultura del progettista.
Il fotografo a sua volta risente di condizionamenti simili a quelli appena citati.
Il fotografo a sua volta risente di condizionamenti simili a quelli appena citati.
Se lo scopo delle immagini è prevalentemente descrittivo
è probabilmente più adatto un approccio compositivo che rifletta fedelmente
quello dell'architetto: simmetria per simmetria, grandiosità per grandiosità,
sintesi per sintesi.
Bibliografia e Sitografia
http://www.clubfotografia.com/photographing-buildings
http://www.photoarchitetti.it/blog/
https://www.nikonschool.it/experience
http://www.fondazionefotografia.org/artista/gabriele-basilico/
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